Gli ortisti di Villaggio 95: chi sono, che tipo di esperienza hanno fatto agli orti sociali, quali sono le loro prospettive. La parola a loro

È stata una bellissima emozione veder spuntare i fiori e gli ortaggi che abbiamo piantato. Un bellissimo progetto che mette insieme giovani, anziani e persone del quartiere in cui viviamo.

È una bella esperienza che abbiamo avuto la possibilità di avere e spero che tanta altra gente come noi la possa vivere. Questo posto mi porta alla mente tre concetti: spensieratezza, perché vieni qui e non pensi a niente; è un momento di amicizia, perché conosci altre persone e tra queste persone che non si conoscono nascono dei legami; e poi è un po’ come ritornare anche bambini, perché comunque tocchi la terra, cose che non fai più.

Fiorello e Roberta

Dopo qualche mese e un po’ di sudore abbiamo cominciamo a raccogliere i primi frutti. Questa è una comunità che sta nascendo piano piano. E piano piano ci cominciamo a conoscere. C’è molta collaborazione e quando qualcuno non può venire ad innaffiare il proprio orto ci si aiuta. Nel momento in cui una persona si è assentata per una settimana, perché era in viaggio e quindi non ha potuto badare al proprio orto, tutti si sono attivati per innaffiarlo per curarglielo: è questo il senso di comunità che mi è piaciuto. È bello vivere questa nuova dimensione all’aria aperta, con il vento che ti accarezza. Le ore passano molto veloci qui, ed è un buon intermezzo tra il lavoro e la casa.

Mi piace poi il fatto che ci sia la tangenziale vicino, infatti il nostro orto lo abbiamo chiamato l’orto in tangenziale, perché c’è proprio il cartello della tangenziale, l’imbocco della tangenziale. Qui non senti gli uccellini cantare, ma le macchine sfrecciare e le sirene, però, nonostante tutto, riesci dopo un po’ a non farci caso e a vivere questa dimensione in maniera piacevole. Questo esperimento dimostra che anche in una città popolosa come Roma, anche nel mezzo di una tangenziale, si possono creare dei luoghi paradisiaci e di tranquillità e di relax. 

E c’è possibilità ancora oggi di partire con una società che possa mettere al primo posto la collaborazione, la condivisione. Laddove ci sono solo metropoli, è necessario, quindi, ricostruire un ‘villaggio’, che vuol essere una dimensione mentale e sociale, prima che fisica. Ripartire da questo secondo me è molto importante. Le parole che mi vengono in mente vedendo questo esempio sono: collaborazione, condivisione e sostenibilità, perché mi piace pensare che questo progetto un giorno possa diventare esso stesso sostenibile. Quindi autoreggersi con la forza e la volontà di chi ci sta partecipando. E questo deve essere un principio cardine per permettere ad altri villaggi all’interno delle città di poter nascere e resistere.

Francesco

 

Veniamo qui con Binario 95. Qua trovo armonia, non c’è confusione, c’è pace. È bello vedere che gli orti sono tutti in fiore e che i nostri sforzi vengano ripagati. Abbiamo dedicato tanto tempo, tanta cura e speriamo di raccogliere anche qualcosa. Noi abbiamo piantato peperoncini, pomodori, insalate, melanzane, cipolle e zucchine. Piano, piano.  Anche un po’ di fiori. Ma questa cosa mi piace tanto, mi sembra di stare in India, il Paese dal quale sono arrivato. Davvero, arrivo qui e sto bene.

Matteo, ospite Binario 95

 

La cosa che mi piace di più di questo progetto è la socialità che si è creata: si fanno nuove conoscenze, s’incontrano nuove persone, si fanno nuove esperienze. Poi il ritorno alle origini, perché uno riscopre proprio il valore della terra, aldilà di quello che poi raccoglierà; diventa veramente un pretesto quello di fare l’orto. L’altra parola: serenità, perché quando uno sta qua è veramente sereno e in pace con se stesso, e come si dice, quando è sereno con se stesso è sereno anche con gli altri. Siamo molto uniti, quando c’è un problema si risolve tutti insieme. È un bel gruppo molto eterogeneo, diverse età, diverse realtà, però alla fine un progetto comune che unisce veramente tutti. Un progetto per riscoprire i valori delle persone e della terra.

Massimiliano

 

Noi siamo gli Ortonauti, Alessandro, Vinicio, Luigi e Francesco. E il nostro è l’orto numero 18.

Questo progetto mi rende proprio contento. Torno un po’ bambino, come quando scappavo da casa per andare a giocare a pallone.  Qui sto proprio bene, è entusiasmante ecco. Con le persone che ho incontrato qui si è creato un rapporto speciale, sembra che ci conosciamo da una vita. Ci offriamo vicendevolmente consigli, ci prendiamo in giro, lavoriamo assieme. Per me è stato bellissimo quando ho fatto il primo raccolti, emozioni da brividi. La prima insalata che ho raccolta l’ho portata a casa, lavata e mangiata subito con la mia famiglia: “questa l’ho fatta io!”. Anche quando abbiamo messo i semi in terra è stata proprio una festa.

Noi viviamo in un quartiere nel quale non c’è verde, non c’è assolutamente niente, Casalbertone offre poco sotto questo aspetto.  Sembra un’oasi nel cemento questa. Venire qui è quasi come andare in vacanza. Io abito a 300 metri da qui, e finalmente ho qualcosa da fare, un rapporto da curare e delle piante da coltivare. Condivisione, amicizia, solidali gli uni con gli altri. Socialità. Che bellezza!

Alessandro e Vinicio

 

 Veniamo qui perché è un modo diverso per occupare il tempo. Essendo pensionati, prima passavamo tanto tempo in piazza, ora il nostro punto di ritrovo è diventato questo, gli orti del Villaggio 95. Io ho fatto l’orto per tanti anni, nel mio paese di origine vicino Orvieto. Molti ragazzi qui mi chiedono consigli sulla terra e su come piantare gli ortaggi. Mi piace essere d’aiuto per gli altri, per la comunità

Mario e Roberto

 

Di recente si affaccia con una certa prepotenza il concetto del “Nulla avviene per caso”. Se ci riflettiamo con serietà, troviamo di certo molti punti di applicabilità nel nostro quotidiano. Così è successo al nostro gruppo con il piccolo appezzamento di terreno del Villaggio 95, il cui bando è stato notato proprio per puro caso, anche se caso poi non si sarebbe rivelato… Abbiamo dunque deciso di metterci tutti in discussione e abbiamo partecipato. Abbiamo dunque compreso il perché viene definito “orto sociale” e non “urbano”: ti mette in stretto contatto con persone sconosciute e ti costringe a renderti umile per apprendere da chi sicuramente ne sa più di te, mettendo poi in pratica quanto hai appreso.

Siamo genitori di ragazzi in ritiro sociale volontario e l’idea primaria era di riuscire a portare i nostri figli ad assaporare il contatto con la terra e la natura. Se anche ne avessimo fatto avvicinare uno e uno soltanto, ci saremmo ritenuti soddisfatti. Beh, uno è arrivato, con costanza e con cadenza settimanale; altri due solo di passaggio ma a noi è andata bene così.

Noi adulti, invece, ci siamo, cimentati a condividere i frutti del nostro lavoro con entusiasmo, staccandoci dalla furio del quotidiano, risvegliando in noi la curiosità propria dei ragazzi, scambiando esperienze, aprendoci agli altri senza perdere occasione alcuna per fonderci con il territorio, un pezzo di natura nella jungla urbana. Cogliere i frutti derivati dalla nostra fatica e dal nostro impegno, avendoli seguiti nel percorso di maturazione con i loro tempi e condividerli con gli altri non ha prezzo. Speriamo davvero di poter continuare in questa attività che si è rivelata più che salutare per noi e per la nostra comunità, rinsaldando legami già esistenti e creandone di nuovi, altrettanto saldi.

Gabri per l’Associazione Across The World